GIUDITTA
Mi aveva chiamato solo
per salutarmi, così mi aveva detto ma era chiaro che nessuno dei due ci credeva
era stato doloroso l’ultima volta che ci eravamo visti e non avevo intenzione
di ripetere l’esperienza poi però avevo accettato d’incontrarlo, era riuscito a
convincermi senza dire assolutamente niente per farlo come faceva di solito
giocando con le parole come solo lui sapeva fare.
E cosi eccomi puntuale
all'appuntamento in un bar, era in ritardo, come sempre, tanto valeva
cominciare a ordinare un cappuccino, avevo freddo ed ero nervosissima non
riuscivo ad immaginare quale potesse essere il motivo per il quale volesse
incontrarmi ci eravamo detti di tutto anche cose che non avrei mai immaginato
che mi dicesse, ovviamente spiacevoli e anche io avevo da dirgliene ma non ne
avevo mai avuto il coraggio.
Ogni volta che mi sedevo
sentivo la ferita sotto la pancia, non mi dava fastidio ma c’era la sentivo
sempre e questo bastava ogni volta ricordavo il dolore al risveglio
dell’anestesia, sentire tutto quello che succedeva intorno e quel non riuscire
a parlare quel sentirsi assolutamente senza forze ed avere vicino solo i miei
genitori, non aveva importanza se lui fosse d’accordo o meno o meglio lui mi
aveva detto che non condivideva e quindi potevo capire, conoscendolo, che non
fosse presente al momento dell’intervento ma dopo, quando ha saputo che era
andato tutto bene a quel punto poteva almeno venire a trovarmi, ne avevo
bisogno ma non è venuto.
Eccolo, sempre bello,
sempre apparentemente curato ma in realtà sapevo bene che erano combinazioni di
fortuna le sue.
“Ciao”
si era seduto senza
salutarmi con un bacio, per carità nessun contatto e poi mi aveva guardato con
quello sguardo che una volta mi faceva sciogliere e che adesso evitavo
accuratamente.
“Ciao, allora di che si
tratta?”
“Hai fretta? Devi fare
qualcosa d’importante?”
“Per carità adesso
comincia il gioco di forza su chi deve dirigere la discussione, ho abbandonato
tempo fa questo gioco per mancanza di forze, quindi me ne starò qui aspettando
che tu decida di dirmi quello che devi…forza.”
“Sono dieci minuti che
ti guardo da dentro la macchina volevo sapere se stavi bene, cioè senza d me e
mi sembra che tu te la stia cavando abbastanza bene, quindi il mio compito è
finito.”
“Non ci provare, questo
è proprio da te, tu gestisci sempre le persone e le situazioni come ti fa più
comodo e tutti gli altri si devono adattare senza tra l’altro neanche rendersene
conto e quando per caso qualcosa non va come tu avevi previsto ecco che te ne
esci con questa frase del cazzo “il mio compito è finito”
ma cosa credi di essere
onnisciente?
Non pensi mai che
dall'altra parte ci sono delle persone che forse non vogliono essere guidate
anche se ne hanno bisogno alle quali magari non fa piacere di scoprire che pensavano
di stare facendo un percorso insieme per poi scoprire che non era cosi per poi
sentirsi dire “il mio compito è finito” svegliarsi una mattina e scoprire che
tutto quello che avevi non esiste più perché il tuo compito è finito!
“Si, penso proprio di
aver finito.”
“Sei uno stronzo e
adesso sono io che ho finito.”
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