domenica 5 aprile 2015

GIUDITTA

Mi aveva chiamato solo per salutarmi, così mi aveva detto ma era chiaro che nessuno dei due ci credeva era stato doloroso l’ultima volta che ci eravamo visti e non avevo intenzione di ripetere l’esperienza poi però avevo accettato d’incontrarlo, era riuscito a convincermi senza dire assolutamente niente per farlo come faceva di solito giocando con le parole come solo lui sapeva fare.
E cosi eccomi puntuale all'appuntamento in un bar, era in ritardo, come sempre, tanto valeva cominciare a ordinare un cappuccino, avevo freddo ed ero nervosissima non riuscivo ad immaginare quale potesse essere il motivo per il quale volesse incontrarmi ci eravamo detti di tutto anche cose che non avrei mai immaginato che mi dicesse, ovviamente spiacevoli e anche io avevo da dirgliene ma non ne avevo mai avuto il coraggio.
Ogni volta che mi sedevo sentivo la ferita sotto la pancia, non mi dava fastidio ma c’era la sentivo sempre e questo bastava ogni volta ricordavo il dolore al risveglio dell’anestesia, sentire tutto quello che succedeva intorno e quel non riuscire a parlare quel sentirsi assolutamente senza forze ed avere vicino solo i miei genitori, non aveva importanza se lui fosse d’accordo o meno o meglio lui mi aveva detto che non condivideva e quindi potevo capire, conoscendolo, che non fosse presente al momento dell’intervento ma dopo, quando ha saputo che era andato tutto bene a quel punto poteva almeno venire a trovarmi, ne avevo bisogno ma non è venuto.
Eccolo, sempre bello, sempre apparentemente curato ma in realtà sapevo bene che erano combinazioni di fortuna le sue.
“Ciao”
si era seduto senza salutarmi con un bacio, per carità nessun contatto e poi mi aveva guardato con quello sguardo che una volta mi faceva sciogliere e che adesso evitavo accuratamente.
“Ciao, allora di che si tratta?”
“Hai fretta? Devi fare qualcosa d’importante?”
“Per carità adesso comincia il gioco di forza su chi deve dirigere la discussione, ho abbandonato tempo fa questo gioco per mancanza di forze, quindi me ne starò qui aspettando che tu decida di dirmi quello che devi…forza.”
“Sono dieci minuti che ti guardo da dentro la macchina volevo sapere se stavi bene, cioè senza d me e mi sembra che tu te la stia cavando abbastanza bene, quindi il mio compito è finito.”
“Non ci provare, questo è proprio da te, tu gestisci sempre le persone e le situazioni come ti fa più comodo e tutti gli altri si devono adattare senza tra l’altro neanche rendersene conto e quando per caso qualcosa non va come tu avevi previsto ecco che te ne esci con questa frase del cazzo “il mio compito è finito”
ma cosa credi di essere onnisciente?
Non pensi mai che dall'altra parte ci sono delle persone che forse non vogliono essere guidate anche se ne hanno bisogno alle quali magari non fa piacere di scoprire che pensavano di stare facendo un percorso insieme per poi scoprire che non era cosi per poi sentirsi dire “il mio compito è finito” svegliarsi una mattina e scoprire che tutto quello che avevi non esiste più perché il tuo compito è finito!
“Si, penso proprio di aver finito.”

“Sei uno stronzo e adesso sono io che ho finito.”

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